Mentre l’Australia ha praticamente debellato l’AIDS raggiungendo uno dei «development goals» (obiettivi di sviluppo) che l’Onu ha fissato per il 2030 (avere il 90{21f99c6ac5d19357f85664ef3109d82aefa9217ee900604e73ab92b21524c15e} di pazienti in cui il virus è soppresso e che quindi non sono più contagiosi) in Italia siamo ancora al punto in cui 1 paziente su 3 infetto non sa di esserlo.
Il successo Australiano è dovuto a due fattori fondamentali: l’accesso a farmaci antiretrovirali che hanno trasformato le speranze di vita dei malati di l’AIDS. Da più di 1000 decessi l’anno per AIDS si è passati ad avere pazienti capaci di vivere a lungo senza conseguenze mortali. Questo è frutto anche di una adeguata informazione e all’attivismo della comunità gay in proposito che ha aiutato tantissimo. La premessa a tutto ciò infatti è che le persone contagiate ne siano consapevoli e si possa agire in tempo. I nuovi contagi non mancano anche in Australia ovviamente (circa 1200 nuovi casi l’anno) ed è questo il prossimo obiettivo del Paese: arrivare ad una cifra prossima allo zero.
In Italia il sistema sanitario pubblico universalistico (come quello Australiano) permette di avere speranze in tal senso. Infatti negli USA, dove il “testing” è molto diffuso, la difficoltà di accesso alle cure non ha aiutato negli anni ad ottenere miglioramenti. Da noi l’accesso alle cure è gratuito ma abbiamo una scarsa cultura riguardante il “testing” e dobbiamo sostanzialmente migliorare in tal senso. Arrivare al risultato Australiano aiuterebbe a contenere l’epidemia ma per debellarla definitivamente i ricercatori sanno di dover ancora lavorare per ottenere un vaccino. Nel mentre riuscire a contenere il numero di nuovi casi ed evitare che la malattia diventi mortale è un fattore fondamentale.
Servirebbe una nuova coscienza civica a riguardo che spieghi come si possa raggiungere questo risultato senza paure e ansie dovute alla mortalità della malattia.
Redazione Blog Casa di Cura Villa Mafalda Roma