La capsulite adesiva della spalla può inizialmente essere confusa con una generica infiammazione. Questo può ritardare la diagnosi, allungando di molto il processo di guarigione.
La capsula di tessuto connettivo che costituisce l’articolazione della spalla può restringersi, dando luogo ad un’infiammazione. Questo si traduce in una limitazione progressiva della normale mobilità articolare a livello omero-scapolare, denominata capsulite adesiva della spalla.
Non è ancora noto come mai la capsulite adesiva della spalla colpisca un soggetto piuttosto che un altro. Tuttavia, la casistica ci dice che alcuni fattori possono influire sulla probabilità d’insorgenza di tale condizione. Ciò che sappiamo è che la patologia interessa più frequentemente le donne nella fascia d’età tra i 35 ed i 50 anni.
Vi sono poi alcune categorie di soggetti che hanno una maggiore possibilità di sviluppare il disturbo, come ad esempio chi è affetto da malattie autoimmuni o metaboliche come il diabete, l’ipotiroidismo o l’ipertiroidismo.
Un altro fattore che può influire riguarda eventuali immobilizzazioni forzate della spalla dovute a infortunio o intervento chirurgico.
La capsulite adesiva della spalla è una patologia infiammatoria piuttosto dolora e spesso invalidante, in quanto può impedire anche i più comuni gesti quotidiani.
I sintomi tipici di questa condizione sono il dolore, che si acutizza maggiormente durante il sonno, e la perdita della mobilità articolare.
La progressione della patologia passa attraverso 3 fasi:
Durante una visita medica lo specialista è in grado di valutare lo stato della mobilità articolare e la relativa impossibilità di effettuare determinati movimenti.
Risonanza Magnetica e RX possono essere utili nel caso si debba escludere che la sintomatologia possa essere associata ad altre patologie.
La tempestività nel trattare la capsulite adesiva della spalla può fare la differenza riguardo tempi di guarigione e recupero motorio.
Il trattamento mira alla riduzione del dolore e al recupero della funzionalità articolare.
A questo scopo viene consigliata una terapia farmacologica che può comprendere: antinfiammatori, antidolorifici o cortisonici orali.
È importante che a questa venga poi associata la fisioterapia ed eventualmente anche una terapia a base di correnti interferenziali. Questo consente al paziente il recupero funzionale, evitando un ulteriore irrigidimento dell’articolazione.
In casi selezionati può essere necessario sottoporsi ad un intervento in artroscopia.
Per maggiori informazioni, presso la Casa di Cura Privata “Villa Mafalda” di Roma è presente il Reparto di Ortopedia e Traumatologia