Alcuni hanno definito la depressione come il “male del millennio”. Per combatterla serve un team di persone, esperti ma anche familiari e medici di famiglia. Ogni gruppo di persone dovrebbe seguire dei semplici accorgimenti, riassunti dalla Società Italiana di Psichiatria in soli dieci buone pratiche.
Il tempo medio per arrivare alla diagnosi e’ oggi ancora molto elevato. Si stima che servano almeno due anni dall’insorgere dei primi sintomi per poi arrivare ad una diagnosi e l’inizio della terapia. Se ciò si somma ai circa due anni che ci mette il paziente per manifestare il proprio bisogno ad un medico i tempi si dilatano veramente troppo.
Non solo degli specialisti, ma anche della classe medica che potrebbe essere coinvolta nel riconoscimento e nella diagnosi della patologia, come ad esempio medici di medicina generale, pediatri, ginecologi, geriatri, diabetologi, cardiologi, pneumologi ed ogni altra specialita’ medica che potrebbe ‘interagire’ efficacemente con pazienti affetti da disturbi e malattie mentali.
Avviare campagne di informazione e sensibilizzazione per rendere le problematiche più comprensibili a tutti coloro che non operano in campo medico. Riuscire a riconoscersi o riconoscere la malattia in un parente o conoscente è importante.
Occorre identificare contesti e situazioni in cui potrebbe esistere una difficolta’ a parlare del proprio problema. Studi recenti hanno evidenziato ad esempio che donne residenti in piccoli centri, non solo hanno meno episodi depressivi, ma anche che impiegano meno tempo a decidere di rivolgersi al medico e/o allo specialista.
Significa non solo avere accesso alle cure, ma soprattutto seguire le terapie secondo le modalita’ indicate dapprima dal medico di medicina generale e/o, laddove necessario, dal medico specialista – in particolare dallo psichiatra – in funzione dei diversi bisogni o della gravita’ della patologia.
Il ‘fai-da-te’ decisionale non e’ mai ammesso in nessun percorso terapeutico, specie nelle malattie o nei disturbi mentali in cui la ricaduta, nuovi episodi, la riacutizzazione delle manifestazioni o la riesposizione a fattori di rischio, sono spesso frequenti.
In tutte le sue sfaccettature: dalla corretta alimentazione, evitando cioe’ cibi che abbiano naturalmente al loro interno componenti eccitanti; alla correzione di comportamenti voluttuari, azzerando cioe’ il consumo di alcool e droghe che hanno importanti effetti sul sistema nervoso centrale e sulle funzioni mentali; alla pratica regolare di attivita’ fisica, almeno 40-60 minuti di sano movimento per 3-4 volte a settimana; limitare la vita ‘multitasking’ ovvero impegnata su troppi fronti.
Non soltanto alla perdita di interesse e/o di piacere per le cose normali – quali ad esempio la vita professionale, sociale o di relazione – ma anche agli aspetti cognitivi. Vale a dire a un calo della concentrazione, attenzione e memoria di lavoro e ad altri segnali spesso trascurati come il procrastinare una decisione o l’incapacita’ di attuare strategie di ‘problem solving’, sia in contesti banali che piu’ complessi.
Un sonno breve e disturbato puo’ rappresentare un importante fattore di rischio per la comparsa e il perdurare di problemi depressivi. Diversi studi scientifici hanno dimostrato una stretta relazione fra depressione, scarsita’ di sonno e attivazione di fenomeni infiammatori che sono alla base della comparsa di differenti patologie tra cui diabete, ipertensione e la stessa depressione.
Oltre la cura medica sono molto importanti le cure psicoterapiche E’ fondamentale nel percorso di recupero da uno stato depressivo avere accanto un ambiente famigliare accogliente, comprensivo, poco giudicante che non stimoli sentimenti di vergogna, ma che sostenga in tutte le fasi della malattia. Una attenzione che va riservata maggiormente alla donna piu’ esposta non solo allo sviluppo di patologie croniche (anche in funzione di una maggiore durata della vita), ma anche a un maggiori decadimento cognitivo quale importante effetto collaterale dei disturbi depressivi.
Redazione Casa di Cura Villa Mafalda Blog