La malattia parodontale può richiedere una terapia attiva di tipo chirurgico. Vediamo in cosa consiste e quando si rende necessaria.
In alcuni articoli precedenti abbiamo già parlato della parodontite, una infiammazione che interessa l’insieme dei tessuti che circondano e sostengono i denti. Se non viene curata può portare alla perdita dei denti, ed aumentare il rischio di diabete e di malattie cardiovascolari.
La prima fase del trattamento della malattia parodontale prevede la cosiddetta terapia attiva. Questa può essere di tipo chirurgica e non chirurgica. Nell’articolo che segue, a differenza del precedente, ci occuperemo di quella chirurgica.
La malattia parodontale provoca delle alterazioni anatomiche sia alle strutture ossee che gengivali. Questo comporta conseguenze, quali: recessione gengivale con conseguente perdita di attacco tra dente e tessuti circostanti; creazione di tasche che, diventando sempre più profonde, sono un ambiente ideale per la proliferazione dei batteri e la progressione della malattia.
Esistono due diverse tipologie di alterazioni:
Come abbiamo visto, lo scopo della terapia attiva è quella di eliminare l’infezione parodontale e controllare i fattori di rischio. Se, dopo il trattamento iniziale, permangono ancora le alterazioni anatomiche causate dalla malattia, è necessario procedere con un trattamento chirurgico. Questo può essere: rigenerativo, osteo-resettivo, conservativo e muco-gengivale.
La terapia attiva di tipo chirurgico ha lo scopo di ottenere un accesso diretto alle radici ed ai difetti ossei. Questo consente di rimuovere in modo più completo ed efficace i batteri presenti intorno ai denti.
A seconda del singolo caso clinico, il trattamento chirurgico serve anche a:
La chirurgia rigenerativa ha lo scopo di ridurre la tasca ed eliminare le alterazioni anatomiche che rappresentano l’ambiente ideale per le recidive della malattia parodontale. Come dice la parola stessa, è necessaria per rigenerare i tessuti parodontali persi, ricreando l’attacco del dente.
La chirurgia osteo-resettiva ha gli stessi obiettivi della precedente. Inoltre, serve a distruggere l’ambiente favorevole ai batteri, eliminando i tessuti che costituiscono la tasca stessa. In questo modo è possibile riportare in superficie la radice del dente che si è distaccata dal tessuto. Tutto ciò permette al paziente di poter effettuare un’accurata igiene quotidiana, mantenendo pulita la zona.
La chirurgia conservativa ha il solo scopo di ridurre la tasca provocata dalla malattia parodontale. Consiste nell’effettuare una terapia attiva non chirurgica dopo aver inciso la gengiva intorno al dente per poi poter procedere allo scollamento dei tessuti. Questa procedura consente di accedere direttamente alla superficie radicolare, eliminando i batteri presenti nelle zone più profonde e nascoste.
La chirurgia muco-gengivale viene chiamata anche plastica parodontale. Consiste nel ricoprire la radice del dente quando questa rimane esposta a causa della retrazione delle gengive.
L’intervento chirurgico viene eseguito in anestesia locale e può riguardare da 1 fino a 6 denti. In genere i punti di sutura vengono rimossi dopo 1-2 settimane.
Nel post-operatorio la zona operata può presentare un leggero gonfiore accompagnato da fastidio, entrambi controllabili con degli antidolorifici.
Ad ogni modo è molto importante seguire in maniera scrupolosa le indicazioni dello specialista, come ad esempio:
Come abbiamo spiegato in un altro articolo, la terapia di mantenimento risulta fondamentale. Una volta curata la parodontite, è necessario effettuare delle visite periodiche di controllo, ogni 2-6 mesi secondo indicazione dello specialista. Questo permette di:
Per ulteriori informazioni, presso la Casa di Cura Privata “Villa Mafalda” di Roma è presente il Reparto di Odontoiatria