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Ipertensione e alimentazione

L’ipertensione arteriosa oggi è una delle malattie maggiormente diffuse nei paesi industrializzati.

Secondo gli ultimi dati disponibili, in Italia l’ipertensione arteriosa colpisce in media il 33{21f99c6ac5d19357f85664ef3109d82aefa9217ee900604e73ab92b21524c15e} degli uomini e il 31{21f99c6ac5d19357f85664ef3109d82aefa9217ee900604e73ab92b21524c15e} delle donne e di questi rispettivamente il 19{21f99c6ac5d19357f85664ef3109d82aefa9217ee900604e73ab92b21524c15e} e il 14{21f99c6ac5d19357f85664ef3109d82aefa9217ee900604e73ab92b21524c15e} sarebbe ad alto rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari o renali. Al controllo e mantenimento della pressione arteriosa nei limiti della norma contribuisce in maniera importante un corretto stile alimentare, tanto che nelle forme più lievi o più responsive – dicono gli esperti – può rappresentare addirittura la sola terapia. In caso di trattamento farmacologico, invece, la dieta aiuta a potenziare l’efficacia dei farmaci antipertensivi, permettendo laddove possibile di ridurre la posologia e/o il numero dei farmaci assunti.

L’ipertensione è una patologia caratterizzata da un aumento della pressione sanguigna con valori oltre la norma. Un individuo viene definito iperteso quando la sua pressione arteriosa sistolica o massima è superiore a 140 mmHg e quella diastolica o minima è superiore a 95 mmHg; questi valori, tuttavia, variano in continuazione, per cui prima di confermare una diagnosi d’ipertensione la pressione deve essere misurata più volte.ipertensione Si parla di ipertensione primaria o essenziale quando si ha un rialzo abnorme della pressione sanguigna causato da fattori non identificabili. Al contrario, l’ipertensione si definisce secondaria quando un eventuale rialzo della pressione è associabile ad una causa ben precisa. Per quanto riguarda la prima tipologia vi sono parecchi studi in corso per cercare di individuarne le possibili cause, ma fra tutte sembra predominare quella della predisposizione genetica. Le possibili cause dell’ipertensione secondaria, invece, sono ben note: l’insufficienza renale, le malattie vascolari renali, la sindrome di Cushing, l’iperaldosteronismo, l’uso del contraccettivo orale, l’obesità. Quest’ultima è epidemiologicamente accertato che si associ all’ipertensione arteriosa, con una prevalenza tre volte superiore alla prevalenza nella popolazione normale, inoltre questo stesso rischio è presente nei bambini in età scolare. L’ipertensione è uno dei fattori di rischio dell’insorgenza della malattia aterosclerotica, per esempio: l’ictus, l’infarto del miocardio, la malattia coronarica, lo scompenso cardiaco congestizio e le malattie arteriose periferiche. Sicuramente uno dei fattori causali dell’ipertensione è l’alimentazione errata, insieme con questa vi sono tre terapie, non farmacologiche, correlate e raccomandate dalle società scientifiche che sono:

  • il calo ponderale
  • la restrizione di sodio
  • la restrizione di alcool

La restrizione di sodio si è visto avere notevole influenza nel 50-60{21f99c6ac5d19357f85664ef3109d82aefa9217ee900604e73ab92b21524c15e} dei soggetti ipertesi ed in quelli predisposti. In via definitiva si può sostenere che una quantità di sodio auspicabile giornaliera, per questi soggetti, dovrebbe aggirarsi intorno a 2 g. Basti pensare che una dieta “normale” contiene mediamente 6 g di sodio. Bisogna anche fare attenzione alle quantità di sodio non evidenti, cioè, quelle utilizzate nei prodotti industriali per la preparazione dei cibi, che purtroppo “diseducano” il nostro palato rendendolo insensibile all’aumento di sodio; il sodio infatti lo troviamo con altri nomi come per esempio:

  • il benzoato di sodio: utilizzato come conservante nelle salse, nei condimenti e nelle margarine;
  • il citrato di sodio: utilizzato come esaltante di sapore dei dolci, gelatine ed alcune bevande.

Oltre al basso tenore di sodio, anche un concomitante aumento di potassio si è rivelato utile nel diminuire i valori pretori. Altro fattore da considerare nel quantitativo di sodio da assumere giornalmente vi è il quantitativo contenuto nell’acqua potabile. Spesso tale valore viene trascurato dagli ipertesi, ma invece esso rappresenta un valido aiuto nella riduzione giornaliera consigliata. Un’acqua potabile si definisce a basso contenuto di sodio per valori al di sotto di 20mg/litro.

Anche la restrizione di alcool facilità la riduzione d’ipertensione. A seguito di un’indagine condotta su 80.000 soggetti si è potuto constatare che i consumatori d’alcool in eccesso presentavano, rispetto ai moderati, valori più elevati della pressione sia sistolica che diastolica e di conseguenza una maggiore incidenza d’ipertensione non correlabile ad altri fattori. Di contro “l’abitudine” al bere piccole quantità di vino, durante i pasti principali, sembrerebbe favorire un modesto, ma significativo, abbassamento dei valori pressori ed un aumento di colesterolo HDL. In fine, un altro elemento, presente nelle nostre abitudini giornaliere, che se introdotto in notevoli quantità aumenta i livelli d’ipertensione è il caffè. Infatti, non proprio il caffè ma una sostanza in esso ed in altre bevande presente, la caffeina, è responsabile dell’azione ipertensivante. Nei soggetti che fanno abuso di tale sostanza (più di 100 g al giorno) si manifesta una marcata carenza di sodio che si accompagna ad ipertensione causata da un acido in essa contenuta, cioè l’acido glicizzirrico. Tale acido ha un’affinità strutturale con uno degli ormoni presenti nel nostro organismo in grado di innalzare i livelli di pressione sanguigna (l’aldosterone). Basta l’immediata sospensione e i valori pressori ritornano rapidamente alla normalità.

Dott.ssa Oriana Laurenti, Reparto di Dietologia

Casa di Cura Villa Mafalda, Roma

Via Monte delle Gioie, 5

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